#bugia o #verità ?
. Bugia o verità?
Gli obiettivi che sottendono le bugie sono molteplici. Si cerca di evitare delle punizioni, di mantenere la privacy non rivelando informazioni personali su di sé, di sottrarsi a conflitti, oppure di esercitare un potere quando se ne ha meno (tipico delle persone subordinate che, al lavoro, mentono ai propri capi).
In genere mentire risulta un modo per uscire da una situazione futura ingarbugliata, nei confronti della quale non sappiamo che via prendere. Una situazione che ci crea, per questo motivo, un forte stato d’ansia.
Come la compulsione scarica nell’azione l’ansia dell’ossessione così il dire la bugia scarica la tensione dell’indecisione. Ma come il benessere della compulsione ha breve durata (poiché la compulsione diventa essa stessa fonte di angoscia), anche il benessere della bugia ha un timer. E questo suona dopo breve tempo, lasciandoci il problema delle conseguenze della bugia, spesso più devastanti dell’ansia di partenza.
Capita che la bugia nasca come esagerazione di una verità, una millanteria. Un raccontare con molta esagerazione delle proprie ricchezze, dei propri meriti, delle proprie prodezze, della nobiltà della propria famiglia o di avere conoscenze famose ed altolocate.
Bugia o millanteria hanno comunque una base comune: la paura di non essere adeguati, una bassa autostima.
Origine della bugia
In età evolutiva l’atto del mentire si sviluppa quando il bambino prende coscienza di sé, supera il suo egocentrismo ed inizia ad inglobare gli altri nel suo sistema di pensieri ed azioni.
Intorno ai sette anni compare l’intenzionalità della bugia.
Dire una bugia, in alcuni casi, serve al bambino per compiacere la mamma in altri a preservare il proprio mondo dal controllo invasivo dell’adulto. Le bugie del bambino diventano i segreti dell’adolescente, la capacità e il desiderio di ragionare con la propria testa e l’abilità di tacere per preservare il proprio io intimo celandolo a sguardi indiscreti. E ci sono anche le cosiddette bugie bianche.
Le bugie in età adulta
La bugia in età adulta è in genere sintomo di un Io fragile che si cuce addosso panni altrui o panni migliori dei propri che possano piacere a sé e/o agli altri di più di quelli reali.
A meno che non si tratti della classica “bugia a fin di bene”, come negli amori senza bugie, della piccola omissione della verità o di una bugia divertente che non fa male a nessuno, di solito le bugie logorano chi le dice.
Causano ansia e sensi di colpa, bruciano un sacco di energie perché è complicato occultare, dissimulare, fingere e ricordare quanto detto se non è reale.
Chi mente ha infatti bisogno di una buona memoria, sangue freddo, agilità mentale e ottime risorse di dialettica.
Psicoanalisi e bugie
La psicoanalisi ha basato gran parte del suo impianto teorico sulla menzogna, su come l’essere umano mente a sé stesso mediante l’attivazione dei meccanismi di difesa, automatismi che si attivano per proteggerci quando ci troviamo in condizioni di angoscia, presente o futura.
La rimozione è come una bugia. Serve ad allontanare da noi (dalla nostra coscienza) desideri inaccettabili per l’Io ed insostenibili in termini di quantità di risorse personali.
La resistenza poi supporta la rimozione ed impedisce a quanto rimosso di tornare in superficie.
Freud spiega che la psicoanalisi aiuta l’essere umano ad abbassare tali difese per fare in modo che l’Io ritorni in possesso di quanto rimosso per rielaborarlo, per non vivere nella menzogna, per riappropriarsi della verità per quanto questa possa essere dolorosa e difficile da accettare.
Le bugie rappresentano anche una risorsa, una strategia per ovviare a momenti difficili ma anche un’arma a doppio taglio. Pertanto, ogni volta che stiamo per mentire riflettiamo su come questo comportamento ci fa stare e se ciò può nuocere agli altri o a noi stessi.
Dott.ssa Raffaella Pantini
Immagine : web
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