Il supporto psicologico alla dieta

dieta e sport

Probabilmente l’esperienza di percepirsi in sovrappeso e di avere il desiderio di perdere qualche chilo è comune a tutti e per tale motivo si prende la decisione di intraprendere una dieta alimentare.
Alcuni possono riuscirvi in breve tempo, altri dopo un periodo di tempo più lungo ma a volte accade che qualcuno non vi riesca affatto. La difficoltà poi, dopo aver perso peso attraverso la dieta, è quella di riuscire a mantenere nel tempo il risultato raggiunto.
Le ricerche in questo ambito riportano che da uno a due terzi delle persone che hanno seguito una dieta, in assenza di supporto psicologico, riacquistano, successivamente, più chili di quanti ne avessero perso (si verifica l’effetto yo-yo).
È fondamentale, perciò, riflettere su questo aspetto per comprendere perché ciò accade.
In genere la maggior parte delle persone che si rivolgono ad un nutrizionista e decidono di intraprendere una dieta si ritrovano insoddisfatte del proprio corpo e del proprio peso, si lamentano di non essere in grado di controllare la propria alimentazione e di mangiare eccessivamente non sempre perché realmente affamate. Più spesso, infatti, si comportano in tal modo perché sentono di essere preda di emozioni, che non riescono a gestire e a controllare e che creano in loro un grande malessere. Sono le emozioni negative (come ad esempio ansia, insoddisfazione, noia, nervosismo, rabbia, tristezza) che spingono le persone a mangiare, dal momento che solo il cibo è in grado di attutirle almeno temporaneamente.
È evidente, quindi, l’esistenza di un forte legame fra comportamento alimentare ed esperienza emotiva e che l’alimentazione venga spesso usata, in maniera inappropriata, per regolare i nostri stati emotivi.
Tutto ciò può farci riflettere sull’importanza e la necessità di occuparci dell’aspetto emotivo e psicologico oltre che di quello alimentare e dietetico, nel momento in cui si desidera perdere peso e si intende ottenere risultati soddisfacenti e stabili nel tempo.
Occorre essere a conoscenza del fatto che quando si mangia lo si fa per due motivi: fame e appetito, che non rappresentano la medesima cosa anche se nel senso comune lo possono sembrare.
La fame indica il bisogno di cibo ovvero è quel meccanismo istintivo che ci assicura di ottenere il carburante che serve per far funzionare bene il nostro corpo.
L’appetito, invece, è il desiderio di cibo e rappresenta, quindi, una reazione psicologica ed emotiva (quando pensiamo che un cibo è invitante e appetitoso).
La fame e l’appetito poi risentono di notevoli influenze da parte dell’ambiente fisico e psicologico, perciò, può accadere che a volte si mangia più o meno del normale proprio in risposta alla situazione ambientale o emotiva in cui ci si trova. Possiamo fare un esempio di come l’ambiente fisico impatti su di noi e possa influenzare il nostro comportamento alimentare. Quando ci troviamo in un ambiente freddo (a differenza di un luogo caldo) in genere tendiamo a consumare e prediligere pasti più calorici in quanto avvertiamo un aumento della fame. Ciò avviene perché il cibo ci fornisce calorie ed energia e le calorie mantengono il nostro corpo più caldo. Il nostro appetito può essere influenzato anche dall’assunzione di medicinali che ci portano a mangiare di più o meno del solito.
Dal momento che anche l’ambiente psicologico è in grado di condizionare il senso di fame e l’appetito, sentirsi stressati, in ansia o depressi può stimolarci a mangiare di più del solito, ad avere così un aumento dell’appetito (iperfagia) o ad alimentarci meno del solito con una diminuzione dell’appetito (ipofagia).
Si parla di fame emotiva (fame nervosa) che è la fame dettata non da un’effettiva necessità fisiologica ma da un preciso stato emotivo.
La caratteristica principale della fame emotiva consiste nel circolo vizioso che si viene a creare tra condizione iniziale di disagio e cibo, poiché è proprio il fatto di percepire disagio che ci porta a mangiare. L’introduzione di cibo all’interno del nostro corpo crea una temporanea sensazione di benessere che è dovuta sia all’aumento produzione di endorfine e di serotonina nel nostro organismo, che alla riduzione dell’intensità del disagio vissuto.
Il meccanismo è il seguente: il disagio stimola la fame che porta all’assunzione di cibo e comporta una riduzione del disagio.
Tale reazione primaria di sollievo dal disagio viene, però, sostituita dalle reazioni secondarie che derivano dalla valutazione dell’episodio alimentare con la comparsa di sentimenti negativi come rabbia, tristezza, senso di colpa, disprezzo verso se stessi e la percezione di non essere in grado di controllare il proprio comportamento. Di conseguenza se temporaneamente la fame emotiva può ridurre il nostro disagio e malessere iniziali, in seguito tende ad incrementarlo ed amplificarlo.
Riconoscere l’esistenza del legame tra alimentazione ed emozioni non significa necessariamente la presenza di problemi psicologici poiché a volte anche solo avvertire noia (ad esempio quando siamo sul divano a guardare la tv) basta per stimolare in noi il desiderio di assumere cibo in modo smisurato.
È però importante fare attenzione a tali processi per poter intervenire tempestivamente soprattutto quando gli stessi ci creano sofferenza e ci ostacolano nel raggiungimento dei nostri obiettivi.
Ed è proprio qui che la psicoterapia può esserci di aiuto in quanto consente di comprendere i motivi che ci spingono a mangiare in eccesso e di apprendere strategie più adeguate e funzionali per gestire le emozioni negative. Il lavoro dello specialista è fondamentale per accompagnare la persona durante il percorso del programma alimentare in cui la rieducazione alimentare, che è parte integrante, può comportare diverse difficoltà nel raggiungimento dei propri obiettivi.
La scelta ottimale è, quindi, quella di abbinare l’educazione emotiva ad una corretta rieducazione alimentare allo scopo di ottenere risultati soddisfacenti e per il loro mantenimento a lungo termine.
È proprio la stabilità dei risultati nel lungo periodo che rappresenta il punto di forza dell’integrazione tra l’approccio medico e psicologico.
Il cibo a volte ha il potere di placare momentaneamente il disagio che proviamo ma non è in grado di risolverlo all’origine. Attraverso il nostro comportamento alimentare manifestiamo sintomi di un malessere che ha radici più profonde e che ci chiede di essere affrontato e ascoltato.
Dr. Raffaella Pantini

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