Gli aspetti psicologici dell’alimentazione


Ritorniamo sul tema riguardante la correlazione tra aspetti psicologici e alimentazione.
La nutrizione è l’insieme dei processi biologici necessari alla sopravvivenza e allo sviluppo dell’organismo che implica l’assunzione, mediante cibo, dei nutrienti fondamentali ed è un comportamento quotidiano ed essenziale.
Come già evidenziato in un articolo precedente, l’alimentazione, nell’uomo, non rappresenta semplicemente un atto meccanico, bensì un processo sfaccettato e multidimensionale che implica numerose sfere, oltre a quella meramente biologica ovvero la sfera emotiva, comportamentale, cognitiva e culturale.
Da ciò si può comprendere, quindi, il motivo per cui nel breve o nel lungo periodo la maggior parte delle diete falliscano. Non è infatti necessario solamente sapere cosa mangiare ma riuscire a metterlo in pratica, nell’ottica di uno stile alimentare sostenibile nel lungo periodo.
Durante il proprio percorso di vita la persona può apprendere, mettere in atto e rinforzare determinati comportamenti, talvolta disfunzionali, spesso inconsapevoli e radicati nel tempo. Questi comportamenti, legati al cibo, fanno in modo che venga mantenuto un errato stile alimentare.
A questo c’è da aggiungere anche il fatto che di frequente sul cibo vengono proiettate le emozioni e ad esso attribuite responsabilità proprie invece di altre sfere di vita.
È possibile comunque modificare tali comportamenti disfunzionali attraverso un cambiamento del proprio stile di vita.
Decidere di intraprendere un percorso volto ad una radicale modificazione del proprio stile di vita (che comprenda dunque sia l’alimentazione che il movimento), sia in caso di necessità dovuta a patologie (la presenza di diabete, ipertensione, obesità) che in caso di volontà dovuta a fattori estetici o sociali, inteso dunque come acquisizione di conoscenze legate alla sana alimentazione ma soprattutto delle modalità mediante le quali mettere in pratica tali conoscenze è certamente una scelta impegnativa.
Tale decisione, infatti, deve prendere in considerazione la necessità di lavorare ad un cambiamento non con una scadenza nel breve periodo ma a lungo termine, perché un sano stile di vita è un equilibrio che va mantenuto nel tempo.
Lo psicoterapeuta ha la funzione di supportare la persona in questa scelta, in concreto fornendo al paziente strategie per comprendere e modificare i comportamenti ed i pensieri negativi e disfunzionali nei confronti del cibo che conducono spesso ad autosabotarsi, affiancandola passo per passo nell’ottica di un generale processo di cambiamento.
Attraverso il sostegno dello specialista il paziente riuscirà a trovare la giusta motivazione per seguire il piano alimentare prescritto da un professionista del settore (nutrizionista o dietologo) con cui lo psicologo potrà collaborare, individuando e cercando di correggere, insieme, gli errori quotidiani che portano alla non riuscita del percorso, imparando ad approcciarsi in maniera equilibrata al cibo.
Dr. Raffaella Pantini
fonte immagine: WEB

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